STABILE ORGANIZZAZIONE SOCIETA’ ESTERA
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Stabile organizzazione società estera. Imposte – Collegamento in rete di differenti apparecchiature e sistemi informatici – Società estera – Sede secondaria in Italia – Stabile organizzazione in Italia ex art. 162 dpr n. 917/86 – Nozione – Articolo 44 direttiva IVA e l’articolo 11, paragrafo 1 del regolamento di esecuzione n. 282/2011 – Società con propria sede legale in uno Stato membro – Stabile organizzazione in un altro Stato membro – Esclusione – Disposizione da parte della società figlia mezzi umani e tecnici in forza di contratti di fornitura di servizi di marketing, regolamentazione, pubblicità e rappresentanza con influenza diretta sul volume delle sue vendite – Irrilevanza
Articolo a cura dell‘Avvocato Bertaggia di Ferrara→
STABILE ORGANIZZAZIONE SOCIETÀ ESTERA: IL CASO IN ESAME
La Suprema Corte di Cassazione, con la Sentenza Cassazione 18 marzo 2024 n. 7202→, ha determinato un importantissimo concetto giuridico, in ambito di esterovestizione tramite stabile organizzazione occulta di società estera in Italia. Ha infatti determinato che:
“Non sussiste stabile organizzazione se la sede secondaria si limita ad inviare ai distributori italiani i listini dei prezzi dei beni e servizi offerti dalla casa madre e se si limita a veicolare le indicazioni sulla scontistica applicabile tramite e-mail o telefonicamente, sempre che si ravvisi la centralità esterna all’Italia del potere decisionale.“
Infatti, ai fini della configurabilità della stabile organizzazione→ occorre un autonomo potere decisionale della sede secondaria: la Corte di Cassazione fissa i confini dell’istituto.
Introduzione e Contesto Normativo
La sentenza n. 7202 del 18 marzo 2024 della Corte di Cassazione ha segnato una svolta significativa nella giurisprudenza italiana riguardo alla nozione di stabile organizzazione, come definita dall’art. 162 del d.P.R. n. 917/1986 (c.d. “T.U.I.R.”). La Corte ha chiarito le condizioni in cui una sede secondaria di una società estera può operare senza essere qualificata come stabile organizzazione, evitando così la tassazione in Italia. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche per le strategie fiscali delle imprese e la fiducia dei contribuenti nei confronti dell’Amministrazione fiscale.
Il Caso Giudiziario e il Contesto
La questione è emersa dalla sentenza dell’11 marzo 2019 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 1088. I giudici avevano escluso la configurabilità di una sede secondaria di una società statunitense come stabile organizzazione. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato questa decisione, sostenendo che i ricavi generati dalla vendita dei prodotti della casa madre fossero imponibili in Italia.
STABILE ORGANIZZAZIONE SOCIETÀ ESTERA: STRUTTURA E FUNZIONAMENTO DELLA SEDE SECONDARIA
La sede secondaria, costituita nel 2001, era incaricata di svolgere servizi promozionali, di marketing e di supporto alle vendite per conto della casa madre, una società leader nella fornitura di sistemi informatici. Le vendite ai distributori italiani erano fatturate direttamente dalla casa madre tramite il rappresentante fiscale Iva europeo, una consociata olandese.
Di conseguenza, i ricavi non erano soggetti a tassazione in Italia ai fini Ires e Irap, né erano soggetti a Iva, trattandosi di cessioni intracomunitarie.
STABILE ORGANIZZAZIONE SOCIETÀ ESTERA: LE VERIFICHE DELLA GUARDIA DI FINANZA
Durante le verifiche fiscali, la Guardia di Finanza aveva contestato che la sede secondaria operasse oltre i limiti dei contratti di prestazione di servizi. In particolare, si sosteneva che la sede italiana concordasse con i distributori italiani elementi essenziali dei contratti stipulati con la casa madre, operando quindi con un potere negoziale autonomo, configurabile come stabile organizzazione. Questo era in contrasto con quanto dichiarato dalla società, che sosteneva che le attività svolte fossero meramente ausiliarie e preparatorie.
Ne derivava, secondo l’Amministrazione finanziaria, che la sede secondaria non si era limitata alla attività promozionale e di assistenza alla clientela, ma aveva operato con autonomo potere negoziale, dovendo quindi essere identificata come stabile organizzazione in Italia della società statunitense, e dovendo quindi imputare alla stessa i ricavi generati dalla vendita in Italia dai prodotti della casa madre, da sottoporre a tassazione ai fini IRES E IRAP.
Ai fini Iva, inoltre, ciò comportava che le cessioni ai distributori italiani, provenendo dalla stabile organizzazione italiana, dovevano essere considerate cessioni interne, da assoggettare quindi a tassazione ordinaria, e non cessioni intracomunitarie, non soggette ad imposta ex art. 41 d.l. 331/93.
STABILE ORGANIZZAZIONE SOCIETÀ ESTERA: I RICORSI DI PRIMO E DI SECONDO GRADO
La società proponeva ricorso avverso gli atti impositivi, eccependo, a nostro parere giustamente, l’illegittima applicazione delle disposizioni sulla stabile organizzazione e l’illegittima applicazione della disciplina dell’IVA con riguardo alla territorialità dell’imposta.
La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso, con sentenza poi confermata anche in sede di appello, escludendo la natura di stabile organizzazione della sede secondaria.
L’Agenzia delle Entrate ricorreva infine (come sempre fa-per intuibili ragioni) in cassazione avverso la sentenza della CTR.
STABILE ORGANIZZAZIONE SOCIETÀ ESTERA: IL RICORSO IN CASSAZIONE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Nel ricorso per cassazione, l’Agenzia delle Entrate aveva sollevato quattro motivi di impugnazione contro la sentenza della CTR, contestando la motivazione apparente della sentenza e la metodologia di determinazione dei ricavi. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando la sentenza della CTR, affermando importanti elementi di diritto che debbone essere di guida a tutti quegli imprenditori che non vogliono creare una stabile organizzazione occulta→ della propria società.
INTERPRETAZIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE
Analisi della Nozione di Stabile Organizzazione
La Corte di Cassazione ha esaminato la nozione di stabile organizzazione, introdotta nel diritto italiano con il d.lgs. n. 433 del 12.12.2003. Secondo l’art. 162 T.U.I.R., una sede fissa di affari non è considerata stabile organizzazione se svolge attività di carattere preparatorio o ausiliario. La Corte ha ribadito che le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, una volta recepite nell’ordinamento domestico, prevalgono sulle norme nazionali, a meno che queste ultime siano più favorevoli ai contribuenti.
La sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che l’Agenzia delle Entrate non aveva fornito prove sufficienti per dimostrare l’esistenza di una sede fissa d’affari che configurasse una stabile organizzazione in Italia. Le risultanze istruttorie avevano evidenziato che la sede secondaria si limitava a veicolare le informazioni tra i distributori italiani e la casa madre, senza esercitare un potere decisionale autonomo. Pertanto, la sentenza della CTR è stata confermata. Tale assunto dimostra che le attività estere, se ben gestite ed organizzate preventivamente, lucidamente e nel rispetto delle leggi nazionali ed internazionali, possono essere foriere di interessanti opportunità fiscali per gli imprenditori oculati. Rivogersi ai professionisti adeguati→ può essere, ed è, la scelta vincente!
LE IMPLICAZIONI FISCALI DELLA DECISIONE
Questa decisione solleva importanti questioni interpretative e applicative riguardo alla nozione di stabile organizzazione. La definizione introdotta con il d.lgs. n. 344 del 12.12.2003 ha cercato di fornire maggiore chiarezza, ma ha anche generato numerosi problemi interpretativi, specialmente in un contesto di crescente internazionalizzazione delle attività commerciali dei gruppi societari. La sentenza della Corte di Cassazione sottolinea la necessità di un’analisi dettagliata e specifica delle attività svolte dalle sedi secondarie per determinare la loro configurabilità come stabili organizzazioni.
La Relazione tra Regola ed Eccezione nell’Art. 162 T.U.I.R.
L’art. 162 T.U.I.R. adotta un approccio binario di regola ed eccezione per definire la stabile organizzazione. Al primo comma, si definisce la stabile organizzazione come “una sede fissa d’affari mediante cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività nel territorio dello Stato”. Al comma 4, si elencano le eccezioni, tra cui la disponibilità di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini di attività preparatorie o ausiliarie. Il comma 4-bis specifica che tali attività devono essere di carattere ausiliario o preparatorio.
Tanto premesso, i giudici di legittimità evidenziano che la motivazione dei giudici di merito era idonea e corretta laddove rilevava che l’Ufficio non aveva fornito alcuna prova dell’esistenza di una sede fissa di affari, come definita ai sensi della Convenzione contro le Doppioe vImposizioni Italia-USA, che facesse ritenere sussistente una stabile organizzazione, anche considerato che era la casa madre a fissare i prezzi e ad avallare operazioni promozionali cui erano collegate le eventuali condizioni di sconto.
Per vostra conoscenza:
la Convenzione tra Italia e Stati Uniti del 25/08/1999, all’art. 5 comma 1, dispone che: “Ai fini della presente Convenzione, l’espressione “stabile organizzazione” designa una sede fissa di affari in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività”, precisando al terzo comma che “Non si considera che vi sia una “stabile organizzazione” se: (…) (e) una sede fissa di affari è utilizzata, per l’impresa, ai soli fini di pubblicità, di fornire informazioni, di ricerche scientifiche o di attività analoghe che abbiano carattere preparatorio o ausiliario”.
INTERPRETAZIONI GIURISPRUDENZIALI DELLA STABILE ORGANIZZAZIONE
L’interpretazione giurisprudenziale della stabile organizzazione ha spesso oscillato tra un approccio formale e uno sostanziale. Diversi orientamenti giurisprudenziali hanno escluso che la sede secondaria di una società estera possa stipulare contratti, partecipare a trattative o anche solo veicolare messaggi funzionali alla stipula di contratti senza essere qualificata come stabile organizzazione. Tuttavia, la sentenza della Corte di Cassazione in esame suggerisce un’interpretazione più restrittiva, escludendo la configurabilità di una stabile organizzazione in assenza di un potere decisionale autonomo.
Sulla base delle norme citate, quindi, la stessa Corte (cfr., Cass., 19/01/2009, n. 1138; Cass., 15/7/2016, n. 14474) ha non solo affermato il principio generale che le Convenzioni, per il carattere di specialità del loro ambito di formazione, così come le altre norme internazionali pattizie, prevalgono sulle corrispondenti norme nazionali, ma ha anche ulteriormente specificato che, in materia d’imposte sul reddito, le norme pattizie derivanti da accordi tra gli Stati prevalgono, attesane la specialità e la ratio di evitare fenomeni di doppia imposizione, su quelle interne (cfr., Cass., 24/11/2016, n. 23984; Cass., 14/12/2022, n. 36679).
Va inoltre richiamata la giurisprudenza comunitaria che ha affermato che:
“L’articolo 44 della direttiva IVA e l’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011 devono essere interpretati nel senso che una società avente la propria sede legale in uno Stato membro non dispone di una stabile organizzazione in un altro Stato membro per il motivo che tale società vi detiene una società figlia che mette a sua disposizione mezzi umani e tecnici in forza di contratti con i quali essa le fornisce, in via esclusiva, servizi di marketing, regolamentazione, pubblicità e rappresentanza che sono in grado di avere un’influenza diretta sul volume delle sue vendite” (CGUE sentenza C-333/20 del 7 aprile 2022, Berlin Chemie A. Menarini).
Inoltre la Suprema Corte, nel corpo della sentenza, ha affermato che la Corte di Giustizia UE ha sentenziato come segue: “Un soggetto passivo destinatario di servizi, la cui sede d’attività economica è fissata fuori dell’Unione europea, non dispone di una stabile organizzazione nello Stato membro in cui è stabilito il prestatore dei servizi di cui trattasi, giuridicamente distinto da tale destinatario, quando quest’ultimo non vi dispone di una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici che possa costituire tale stabile organizzazione, e ciò anche qualora il soggetto prestatore dei servizi realizzi a vantaggio di detto soggetto destinatario, in esecuzione di un impegno contrattuale esclusivo, prestazioni di lavoro per conto terzi nonché una serie di prestazioni accessorie o supplementari, che concorrono all’attività economica del soggetto passivo destinatario in tale Stato membro” (CGUE sentenza C-232- 2022 del 29 giugno 2023, Cabot Plastics Belgium SA).
LA FUNZIONE DI NUNCIUS E LE SUE IMPLICAZIONI
La sentenza della Corte di Cassazione fa emergere la figura del nuncius, un concetto tratto dal diritto romano, dove il nuncius è un semplice portavoce della volontà di un altro soggetto, senza alcun potere decisionale. Questo concetto è stato utilizzato per spiegare che una sede secondaria che si limiti a trasmettere informazioni tra casa madre e distributori, senza esercitare un potere decisionale, non può essere qualificata come stabile organizzazione. Tale interpretazione è cruciale per le imprese che cercano di mantenere una presenza operativa in Italia senza incorrere in obblighi fiscali onerosi.
Per l’imponibilità del reddito d’impresa del soggetto non residente è necessaria, in particolare, una presenza che sia incardinata nel territorio dell’altro Stato dotata di una certa stabilità, una sede di affari capace, anche solo in via potenziale, di produrre reddito e comunque un’attività autonoma rispetto a quella svolta dalla casa madre (cfr., Cass., 10/01/2024, n. 992, Cass., n. 1709/2023, Cass., n. 2597/2023, Cass. n. 21693/2020; Cass. n. 30033/2018).
E non comporta la presenza di una stabile organizzazione dell’impresa non residente la mera circostanza che essa eserciti nel territorio dello Stato la propria attività per mezzo di un mediatore, di un commissionario generale, o di ogni altro intermediario che goda di uno status indipendente; a condizione naturalmente che dette persone agiscano nell’ambito della loro ordinaria attività.
CONSIDERAZIONI FINALI SULLA NORMATIVA INTERNA E INTERNAZIONALE
La Corte di Cassazione ha sottolineato che, sebbene le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni costituiscano lex specialis rispetto alle norme interne, queste ultime saranno sempre applicabili se più favorevoli ai contribuenti. Questa interpretazione promuove un equilibrio tra le normative nazionali e internazionali, garantendo al contempo la protezione dei diritti dei contribuenti.
In definitiva, occorre distinguere e non confondere l’interpretazione sostanziale, o per meglio dire, la comprensione dell’intera operazione commerciale che vada a snidare la reale sostanza più che la forma di un’attività, con l’interpretazione della legge, che, allo stato attuale, stante le connessioni intime tra regola ed eccezione ex art. 162 T.U.I.R. co. 4, co. 4-bis e co. 6, potrebbe essere, mettendo insieme i singoli particolari e tirando le fila del discorso, del seguente tenore:
se un soggetto agisce nel territorio dello Stato per conto di un’impresa non residente e opera ai fini della conclusione di contratti da parte della case madre senza apportare alcuna modifica ai predetti contratti, non configura una stabile organizzazione. Questo il principio basilare da tenere presente.
Il supporto all’impresa madre che si sostanzi nella sola veicolazione di informazioni e messaggi, nonché di listini e prezzi ed eventuali sconti decisi integralmente dalla casa madre (ai sensi dell’art. 73 TUIR-là deve essere il place of effective management), potrebbero essere configurate come attività preparatorie, quindi solo iniziali alla stipula di contratti ed ausiliarie e, per tali ragioni, non sintomatiche di una stabile organizzazione.
La sentenza in commento, pur non utilizzando espressamente le argomentazioni appena spese, ha infatti statuito che non configura una stabile organizzazione una sede secondaria che si limiti a veicolare i messaggi per i listini prezzi e gli sconti da effettuare tra distributore italiano e casa madre, laddove il potere decisionale sia integralmente all’esterno dell’Italia.
Questo è invece ciò che purtroppo molti imprenditori, convinti da fake news ingannevoli vogliono fare, guarda il video.
Per concludere, quindi, la sentenza sembrerebbe ammettere che la sede secondaria che si atteggi come mero “nuncius” non possa configurare una stabile organizzazione.
In finale pare opportuna una breve descrizione della figura del nuncius. Tale concetto è simile all’istituto della rappresentanza diretta, il nuncius→ è quella figura coniata dalla dottrina civilistica per individuare quel soggetto che, nell’enunziare a terzi la volontà negoziale di altri, si atteggia ad essere un mero strumento di comunicazione. L’istituto dottrinale del nuncius nasce nel diritto romano arcaico proprio perché allora non vi era nozione del concetto civilistico di rappresentanza, e quindi, risultava inconcepibile la scissione tra parte formale e parte sostanziale di un rapporto contrattuale: il nuncius non compie infatti alcuna volontà negoziale espressiva della propria volontà, ma si limita a riferire quanto indicato dal dominus.
Da tali assunti di matrice civilistica consegue che: se la sede secondaria di una società estera, nel portare la volontà contrattuale della casa madre, manifesta un minimale margine di discrezionalità nella trasmissione della volontà altrui, si paleserà essere un rappresentante, esprimendo quindi, un seppur minimo potere decisionale, così potendo essere qualificabile come stabile organizzazione, ai sensi dell’art. 73 TUIR, che riportiamo integralmente: “Articolo 73 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)
(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)
[Aggiornato al 01/06/2024]
Soggetti passivi
Dispositivo dell’art. 73 TUIR
1. Sono soggetti all’imposta sul reddito delle società:
a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato;
b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato;
d) le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.
2. Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo unitario e autonomo. Tra le società e gli enti di cui alla lettera d) del comma 1 sono comprese anche le società e le associazioni indicate nell’articolo 5. Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali.
3. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale. Per sede di direzione effettiva si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Per gestione ordinaria si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Gli organismi di investimento collettivo del risparmio si considerano residenti se istituiti in Italia. Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, in cui almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari del trust sono fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi(1).
4. L’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.
5. In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente è determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti.
5-bis. Salvo prova contraria, si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato le società ed enti che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa(1):
a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma , del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.
5-ter. Ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 5-bis, rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Ai medesimi fini, per le persone fisiche si tiene conto anche dei voti spettanti ai familiari di cui all’articolo 5, comma 5.
5-quater. Salvo prova contraria, si considerano residenti nel territorio dello Stato le società o enti il cui patrimonio sia investito in misura prevalente in quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio immobiliari, e siano controllati direttamente o indirettamente, per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, da soggetti residenti in Italia. Il controllo è individuato ai sensi dell’articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile, anche per partecipazioni possedute da soggetti diversi dalle società.
5-quinquies. I redditi degli organismi di investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia, diversi dagli organismi di investimento collettivo del risparmio immobiliari, e di quelli con sede in Lussemburgo, già autorizzati al collocamento nel territorio dello Stato, di cui all’articolo 11-bis del decreto-legge 30 settembre 1983, n. 512, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1983, n. 649, e successive modificazioni, sono esenti dalle imposte sui redditi purché il fondo o il soggetto incaricato della gestione sia sottoposto a forme di vigilanza prudenziale. Le ritenute operate sui redditi di capitale sono a titolo definitivo. Non si applicano le ritenute previste dai commi 2 e 3 dell’articolo 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e successive modificazioni, sugli interessi ed altri proventi dei conti correnti e depositi bancari, e le ritenute previste dai commi 3-bis e 5 del medesimo articolo 26 e dall’articolo 26-quinquies del predetto decreto nonché dall’articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77, e successive modificazioni.
Laddove invece la sede secondaria si limiti a trasmettere ai distributori una volontà contrattuale già completamente formata, senza esercitare quindi alcuna autonomia negoziale, sembrerebbe logico escludere la configurabilità di una stabile organizzazione.
La sentenza mette in evidenza l’importanza di una corretta interpretazione della normativa fiscale, sia domestica che internazionale, per evitare fenomeni di doppia imposizione e per garantire la certezza del diritto.
Le imprese internazionali devono prestare particolare attenzione alla configurazione delle loro strutture operative per evitare potenziali controversie fiscali.
IMPLICAZIONI PER IL FUTURO DELLA NORMATIVA FISCALE
La sentenza della Corte di Cassazione delinea un quadro normativo che potrebbe influenzare future riforme legislative in materia di stabile organizzazione. È probabile che il legislatore italiano e internazionale prenderà in considerazione le indicazioni della giurisprudenza per migliorare la chiarezza e la prevedibilità delle norme fiscali. Le imprese devono rimanere aggiornate sulle evoluzioni normative per garantire la conformità e ottimizzare le loro strategie fiscali.
In conclusione, la sentenza n. 7202 del 18 marzo 2024 rappresenta un momento significativo nella giurisprudenza italiana, con implicazioni di vasta portata per le imprese internazionali e per il sistema fiscale nel suo complesso. La Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sulla nozione di stabile organizzazione, promuovendo un approccio equilibrato e favorevole ai contribuenti. Tuttavia, la complessità e le sfide interpretative rimangono, richiedendo un continuo monitoraggio e adattamento da parte delle imprese e dei professionisti del settore.
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Autore. Studio Legale Internazionale Bertaggia – Titolo Stabile Organizzazione Società Estera, in www.avvocatobertaggia.com/blog
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Articolo aggiornato al 08 Luglio 2024