STABILE ORGANIZZAZIONE COME LAVORARE IN ITALIA CON UNA SOCIETA’ ESTERA
Stabile organizzazione. Gentili lettori, costantemente ci chiedono come sia possibile lavorare in Italia con una ragione sociale estera, la risposta è sempre quella, con una stabile organizzazione della società estera in Italia. Ma cosa è e cosa comporta una stabile organizzazione di una società estera in Italia? Cerchiamo di fare chiarezza in punto alla stabile organizzazione. ed a stabile organizzazione tassazione.
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STABILE ORGANIZZAZIONE: COME INDIVIDUARLA
L’individuazione della stabile organizzazione è un tema che concerne la localizzazione geografica del soggetto tributario in una ben specifica ed identificata giurisdizione tributaria. Si tratta dunque di un criterio che vale ad identificare la presenza del soggetto nel territorio ove il medesimo esercita l’attività lavorativa, e come tale implica la necessità di procedere al riconoscimento della soggettività. In tale prospettiva la stabile organizzazione si presenta come un aspetto della soggettività tributaria del soggetto d’imposta.
Il concetto di stabile organizzazione ai fini delle imposte dirette richiama la presenza della “organizzazione lavorativa”, ovvero dell’effettiva presenza lavorativa di un soggetto fisico o giuridico in un determinato territorio statale.
Il diritto di common law così definisce la stabile organizzazione: “The identification of the permanent establishment is an issue that concerns basically the localization of the subject of taxation in a tax territory. Indeed, the permanent establishment is a principle for the verification of the presence of the tax payer in a country and, consequently, for the acknowledgement of the subject of the taxation. Therefore, the permanent establishment is an strictly related to the matter of the “tax subjectivity”. The concept of permanent establishment at the purpose of the income tax involves the presence of an “organization of activity” (to be considered as management of the business), whose elements are to be defined in the tax law and according to the jurisprudence.”
L’individuazione dell’esistenza della stabile organizzazione è un argomento che riguarda la localizzazione geografica e fisica del soggetto tributario sul territorio ove l’azienda estera è locata in un luogo diverso da quello in cui ha la sede legale, in altre parole, la stabile organizzazione identifica la localizzazione di colui che produce reddito di impresa nell’ambito di una giurisdizione tributaria per poter attribuire la potestà impositiva ad uno Stato piuttosto che ad un altro.
STABILE ORGANIZZAZIONE TUIR. LA LEGGE ITALIANA, L’ARTICOLO 132 T.U.I.R.
La stabile organizzazione è definita in maniera compiuta nella disciplina delle imposte dirette dall’art. 162 TUIR. La nozione della stabile organizzazione è quindi in sintonia con la formulazione del concetto nell’ambito delle convenzioni internazionali per l’eliminazione delle doppie imposizioni, come specificato nell’art. 5 del Modello OCSE. Nel concreto è possibile affermare come l’origine del concetto di stabile organizzazione trovi la sua fonte nella necessità di armonizzare le imposte sul reddito, e cioè nella idoneità della stabile organizzazione a fare ricadere una fattispecie reddituale in capo ad un soggetto estraneo all’ordinamento, divenendo per l’effetto un vero e proprio “criterio di collegamento” del reddito ad una giurisdizione tributaria geograficamente identificata. Possiamo quindi definire la stabile organizzazione come l’indicazione della circostanza fattuale che vuole come l’attività esercitata da un soggetto non residente si sostanzi nel territorio straniero (inteso come territorio diverso rispetto allo Stato di residenza fiscale della società che apre una filiale all’estero) in quanto svolta attraverso una organizzazione stabile e continuativa avente sede nel territorio di un’altro stato.
La stabile organizzazione così enucleata è quindi la presenza, in un determinato luogo geografico soggetto ad una ben precisa autorità statale, di un’attività economica stabilmente organizzata non residente, che opera ed agisce secondo modalità operative analoghi a quelli propri di un soggetto collettivo residente.
La stabile organizzazione non costituisce quindi un autonomo soggetto giuridico, consiste invece una peculiare modalità organizzativa di un’impresa già esistente, quand’anche non residente nel territorio; l’individuazione di tale metodologia organizzativa serve al fine di individuare in maniera specifica la riferibilità del reddito dalla medesima prodotta al territorio dello stato estero in cui agisce, in quanto la fattispecie impositiva è riportata ad una figura riconoscibile dall’ordinamento come autonomo soggetto giuridico.
In tale ambito quindi l’individuazione della stabile organizzazione è un tutt’uno (giuridicamente) con la soggettività tributaria, atteso che si necessita obbligatoriamente il riconoscimento degli elementi giuridici che permettano l’identificazione del soggetto nella giurisdizione tributaria in cui opera di fatto. Di peculiare importanza è, ad ogni buon conto, evidenziare come la stabile organizzazione, pur costituendo un elemento che può essere incardinato, teoricamente, anche ad una impresa di tipo individuale, in realtà si attaglia tipicamente alle società di capitali che svolgono attività commerciali; da ciò consegue che la stabile organizzazione può altresì essere definita una forma giuridica tramite la quale la società di capitali esercita l’attività in un territorio diverso da quello in cui è presente la propria sede legale, ovvero il suo domicilio fiscale.
Per poter quindi avere un soggetto passivo d’imposta da qualificarsi come stabile organizzazione, è necessario così che l’insieme di diritti ed obblighi giuridici, ed in genere le situazioni giuridiche soggettive relative alla fattispecie da imputare fiscalmente vengano riferiti in modo unitario e stabile ad un destinatario identificato specificatamente.
Nel caso quindi della persona fisica è la fattispecie vivente (in senso naturalistico) denominata “uomo” ad essere reputato il fattore di unificazione. Nel caso invece, ordinario, di un soggetto avente personalità giuridica non biologica (le società di capitali e gli enti giuridici) l’identificazione di un fattore di unificazione è più articolata atteso che tale elemento si ritrova sia in capo ai soci ed agli associati che nella società vera e propria in quanto provvista di personalità giuridica.
Se analizziamo la soggettività delle società di capitali e degli enti giuridici, evidenziamo come che la stessa consiste in una imputazione di peculiari fattispecie giuridiche ad un complesso di individui e beni organizzato in funzione della produzione di reddito. Sul piano oggettivo, invece, esistono vari profili sotto cui assume pregnanza il fenomeno organizzativo: è possibile infatti presupporre l’esistenza di una organizzazione di beni, di una organizzazione di rapporti interni tra soggetti, ed anche una plurima organizzazione di attività.
Sovente questi diversi profili organizzativi sono fra loro intersecati, ma è anche possibile pensare a fattispecie in cui esistano in maniera singola.
I REQUISITI
Il primo requisito da esaminare per poter parlare di stabile organizzazione, è quello volto a valutare se il complesso organizzato di persone e mezzi non sia incardinato in capo a terzi (e dunque si risolva in una mera articolazione organizzativa di un altro soggetto), ma se disponga di effettiva autonomia ed indipendenza. In tal modo, nelle ipotesi di stabili e mere organizzazioni di beni o di rapporti, la struttura organizzativa è da ritenere non bastevole a fungere da centro di imputabilità delle fattispecie, in quanto esprime una funzione strumentale agli interessi di un altro soggetto (rispetto all’organizzazione) con la conseguenza che può essere considerato carente di autonomia.
Quindi il discrimine caratterizzante l’imputazione giuridica di fattispecie normative rappresentato prioritariamente dalla organizzazione dell’attività, dalla costituzione cioè di una struttura finalizzata al compimento di una determinata attività in modo completamente autonomo ed indipendente rispetto agli individui che ne fanno parte.
In tale fattispecie, infatti, la struttura organizzativa viene caratterizzata da esigenze ordinative, patrimoniali e di rapporti negoziali, assumendo anche le funzioni che spettano normalmente ai soggetti riconosciuti dall’ordinamento giuridico, ovvero il compimento di un’attività. Proprio nella regolamentazione dell’attività societaria la persona giuridica, a seconda di come si autoregolamenta, diviene il centro prevalente di imputazione di effetti giuridici nell’ambito di un determinato e specifico territorio.
Importante è comprendere che i profili oggettivi della stabile organizzazione sono un effetto ed una derivazione, obbligatoria, di quelli soggettivi: per aversi stabile organizzazione si deve avere risguardo alla peculiarità (specifica in capo ad ogni società) dell’organizzazione dell’attività: questo diventa il criterio di idoneità volto a divenire un centro di imputazioni giuridiche definibile stabile organizzazione.
Bisogna ora valutare quando nel concreto si abbia una organizzazione dell’attività societaria che possieda elementi tali da configurare un centro di imputazione: si può rilevare a questo proposito che gli elementi costitutivi della organizzazione di una stabile organizzazione sono rappresentati dall’esistenza di una pluralità di individui, di un fine comune e di un complesso di regole per la attribuzione di compiti specifici agli individui così da unificare il gruppo e renderlo atto a svolgere funzioni economiche; decisiva è poi la sussistenza di una completa autonomia decisionale ed anche di una autonomia programmatica nell’ambito del potere di indirizzo dell’attività che non deve subire potestà impositive esterne.
Ciò a significare che, quando la società è strutturata in maniera atta ad assumere decisioni relative all’andamento generale dell’attività aziendale, senza subire condizionamenti da altre persone, è possibile affermare come in tale fattispecie ricorra il requisito dell’organizzazione di attività, e che pertanto sussistano le caratteristiche di una idoneità ad essere centro di riferibilità delle attività siccome in tal modo stabilmente organizzate.
Lo schema così descritto sta a significare che la primaria importanza della stabile organizzazione, intesa dal punto di vista giuridico, consiste in un particolare modio di gestire l’attività economica aziendale in una determinata giurisdizione. L’attività considerata nella sua autonomia si pone infatti, in sostanza, come termine di riferimento delle norme di legge che devono regolamentare la stabile organizzazione medesima. Gli individui persone fisiche divengono pertanto termini di riferimento secondari, o strumenti di produzione di singoli atti (tipico il caso degli amministratori), oppure come destinatari del risultato finale dell’attività (altrettanto tipico il caso dei soci). Gli effetti che la stabile organizzazione riverbera quindi in capo ai suoi componenti, dal punto di vista fiscale ed ai fini delle imposte dirette è un effetto diretto della presenza della organizzazione di attività. – Sulla base di quanto sinora esplicitato possiamo affermare che il concetto di stabile organizzazione rileva nella disciplina delle imposte dirette, particolarmente in quella dell’Ires.
Specificatamente: si ricorda che la stabile organizzazione non costituisce una individualità giuridica a sé stante, ma una semplice emanazione organizzativa di un soggetto giuridico estero non residente nel territorio italiano, in altri termini la stabile organizzazione costituisce un particolare modo dell’esistenza giuridica di una società non residente nel territorio straniero ove invece opera.
IL TRATTAMENTO FISCALE
Dal punto di vista fiscale è particolarmente importante individuare la stabile organizzazione al fine di localizzare una società non residente in una specifica giurisdizione tributaria nazionale differente rispetto a quella ove invece detta stabile organizzazione ha la sua sede legale. La stabile organizzazione non si può quindi individuare qualora vi sia un assetto organizzativo di beni e/o di rapporti giuridici istituito da parte di una società non residente in un altro Stato differente rispetto a quello di residenza.
Quindi, per meglio evidenziare il concetto, è possibile affermare come, tramite la creazione di una “organizzazione di attività” la società non residente pone in essere l’attività giuridica di un soggetto riconoscibile dall’ordinamento, e cioè il compimento di una attività commerciale.
Quindi con l’organizzazione di attività si ottiene l’autonomia decisionale che consente l’identificazione della società nell’ambito giuridico dello Stato in cui la stessa viene svolta, il che significa che se ne ottene il suo riconoscimento giuridico, avendo tale fatto come conseguenza il medesimo trattamento tributario, quindi la totale imposizione sui redditi prodotti nel territorio e l’imponibilità ai fini Iva delle operazioni espletate in tale Stato.
Ciò chiarito, vale a dire che il ricorso alla stabile organizzazione significa una organizzazione di attività, che va riconosciuta quando l’assetto organizzativo mostra elementi che sono necessariamente connessi ad una stabilità della presenza dell’attività in uno stato estero rispetto a quello ove vi è la sede legale della società commerciale; il che vale a dire che la sussistenza di un complesso organizzato di beni e rapporti giuridici per perseguire uno scopo comune, diviene possibile solo se è riconducibile ad un assetto organizzativo durevole nel tempo, conseguentemente stabile. In definitiva, la stabilità, quindi la durata temporale ed il radicamento nel territorio straniero, sono componenti essenziali del concetto di stabile organizzazione.
Al fine di meglio confermare, tramite un supporto legislativo, quanto sinora affermato, rimarchiamo che l’art. 162 Tuir definisce la stabile organizzazione come “una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività nel territorio dello Stato”. Esistono dunque nella formula normativa i riferimenti propri della “organizzazione di attività”: da ciò consegue che la stabile sede ove vengono esercitati gli affari è un peculiare modo organizzativo destinato stabilmente alla trattazione autonoma ed indipendente dell’attività societaria ed imprenditoriale nel territorio straniero.
SOCIETA’ ESTERA, LAVORO IN ITALIA, DOVE PAGO LE TASSE?
Per comprendere quindi ciò che normalmente gli imprenditori ci chiedono, quindi la possibilità di operare in Italia tramite una ragione sociale estera senza scontare la fiscalità in Italia, risponderemo come non sono significativi gli elementi materiali dell’organizzazione: quindi la presenza di beni mobili o immobili riferibili al soggetto non residente, o la clientela esistente solo al di fuori del territorio italiano, così come neppure è di rilievo l’esistenza di rapporti commerciali, con altre società sul territorio nazionale, atteso che detti rapporti possono essere riconducibili ad una logica contrattualistica di distribuzione delle funzioni tra il soggetto non residente e soggetti residenti che però agiscono a loro volta in modo autonomo e indipendente.
Spieghiamoci meglio: l’organizzazione di una attività imprenditoriale estera nel territorio nazionale esiste quando la società non residente pone in essere un complesso di atti ed attività sul territorio straniero (rispetto alle sede legale della società medesima), regolato secondo una attribuzione di funzioni, supportata eventualmente anche da patrimonialità e rapporti commerciali, e destinata esclusivamente al perseguimento di un programma imprenditoriale ed al conseguimento di un risultato economico sul territorio medesimo.
Per sintetizzare, non si può lavorare in Italia, avendo un complesso di beni organizzati ivi, tramite una ragione sociale estera. Ciò sia detto senza tema di smentita da tutti coloro che, nel web, promettono ” crea la tua ltd e lavora in Italia senza pagare tasse“. Chi crede a ciò è destinato al fallimento. Per meglio specificare, pertanto, tramite l’assetto organizzativo creato sul territorio straniero il soggetto non residente svolge la propria attività, e crea un segmento rilevante e significativo della sua attività imprenditoriale: da ciò ne consegue che l’organizzazione deve essere strumentale ad una attività svolta abitualmente nel territorio straniero da un soggetto non residente.
La predetta società, organizzata imprenditorialmente, deve essere autonoma ed indipendente, in grado di espletare autonomamente l’attività di impresa sul territorio nazionale estero (rispetto alla sua sede legale) secondo criteri e logiche decise dai suoi organi decisionali, riconducibili quindi al medesimo soggetto non residente, cioè non determinate da altri soggetti esterni o estranei all’azienda. Ovviamente può accadere che le decisioni vengano prese in territori fisicamente estranei rispetto al luogo ove l’attività viene espletata, esemplificativamente presso la sede legale, la sede direzionale ovvero la sede amministrativa collocata nel paese di residenza ovvero in altro Stato rispetto a quello in cui opera la stabile organizzazione: ciò che conta, ai nostri fini, è che tale attività sia attribuibile ai vertici manageriali e direttivi della società medesima e che vengano fatte nel territorio tramite la catena operativa oltre che con la distribuzione delle funzioni proprie della stabile organizzazione come sopra identificata, esistente nel territorio straniero.
La stabile organizzazione si presenta in definitiva come una struttura distinta rispetto alla casa-madre, atta ad essere un punto di riferimento attivo riguardo alla produzione del reddito di impresa.
Per capire quindi cosa significhi l’organizzazione di attività bisogna evidenziare chi sia il gestore (fisico o giuridico) di un complesso funzionale di elementi che consenta di riconoscere l’esistenza di un assetto organizzativo dell’attività di impresa del soggetto collettivo non residente nel territorio straniero.
A nulla importa quindi il singolo elemento, materiale o commerciale, presente sul territorio e riferibile al soggetto non residente quanto piuttosto la connessione alla attività di impresa e, soprattutto, l’idoneità ad esprimere un assetto organizzativo volto alla regolazione del programma imprenditoriale.
Bisogna porre particolare attenzione al fatto che per comprendere quali siano i requisti basilari della stabile organizzazione si deve fare riferimento non tanto ai profili formali (molto amati da coloro che dicono che si può lavorare in Italia con ragione sociale estera sic et simpliciter) quanto (ed è la cosa giusta) in relazione ai dati sostanziali espressi dall’assetto organizzativo realmente ed effettivamente presente nel territorio, tramite uno studio da espletare caso per caso, per cui la nostra struttura è a disposizione.
Al fine di meglio confermare il nostro assunto trarremo aiuto dalla legislazione italiana attualmente vigente: nell’art. 162 comma 2 TUIR, sono esplicitati i concetti da avere in riguardo per definire una stabile organizzazione: sede di direzione, succursale, ufficio, officina, laboratorio, cantiere di costruzione o di montaggio o di installazione, miniera o cava, giacimento petrolifero. Si tratta di una presunzione legale assoluta attraverso la quale si attribuisce il carattere di “stabile organizzazione” ad segmenti operativi della società non residente dotate di una capacità di autoregolazione e di attuazione del programma imprenditoriale sul territorio straniero.
STABILE ORGANIZZAZIONE ED INTERMEDIARI
Importante è comprendere (rispondendo così in anticipo alle tante domande analoghe che ci vengono poste) che viene completamente compresa, nella nozione di stabile organizzazione anche l’esercizio dell’attività da parte del soggetto non residente nel territorio straniero utilizzando agenti o intermediari che concludano abitualmente, in nome del soggetto non residente, contratti diversi da quelli di acquisto dei beni (art. 162 comma 6). In questo specifico caso l’esistenza di un rapporto di dipendenza sostanziale e formale fra l’agente o intermediario che dir si voglia e la società non residente comporta, ex lege, la sussistenza di un assetto organizzativo, prevalentemente impostato su base personale, invece che materiale, idoneo a realizzare l’attività di impresa tramite l’organizzazione programmatica imprenditoriale ed altresì con le decisioni gestionali assunte dal soggetto non residente. Quando quindi una persona giuridica estera esercita in territorio nazionale, si crea una attività di impresa organizzata nel territorio straniero tramite la quale il soggetto non residente esercita autonomamente la propria attività di impresa nel territorio straniero, traendone i relativi guadagni. Sempre per continuare la disamina dell’162 TUIR, nel testo della norma è esplicitata una esemplificazione negativa della nozione di stabile organizzazione: ivi vengono infatti previste fattispecie che esprimono la non possibilità della sede fissa ad esercitare un’attività di impresa sul territorio straniero. Innanzitutto è esclusa dalla nozione di stabile organizzazione l’utilizzazione di una installazione: i) ai soli fini di deposito, di esposizione, di consegna o di trasformazione da parte di altra impresa; ii) ovvero allo scopo di acquistare beni e merci ovvero di raccogliere informazioni e/o svolgere ricerche di mercato; iii) oppure ancora laddove sia dedicata allo svolgimento di attività preparatorie o ausiliarie rispetto a quelle precedentemente indicate (art. 162 comma 4). In queste fattispecie manca il collegamento con l’installazione materiale di una attività significativa e rilevante del programma imprenditoriale perseguito dal soggetto non residente; si è infatti ritenuto che i servizi resi attraverso l’installazione siano “economicamente distanti” rispetto alla attività di impresa unitariamente realizzata nel territorio straniero da parte della società non residente.
Non si realizza dunque una “organizzazione di attività”, poiché manca il collegamento con l’attività di impresa, ma si realizza al più una organizzazione di beni e/o di rapporti, ininfluente rispetto al riconoscimento del soggetto giuridico nel territorio.
Non costituisce stabile organizzazione neppure la disponibilità di sistemi informatici funzionali alla raccolta ed elaborazione di dati finalizzati al commercio di beni e servizi (art. 162 comma 5). Ciò comporta l’esclusione della sussistenza di una “organizzazione di attività” in ragione della sola presenza di un server utilizzabile ai fini del commercio elettronico; al contrario però si ravvisa una stabile organizzazione qualora il server, che permanga per un adeguato periodo di tempo, e che perciò si rappresenta come fisso, venga utilizzato direttamente per lo svolgimento di una attività di impresa, un’attività dunque che non sia solo preparatoria o ausiliaria.
Vi è poi l’esplicita esclusione della presenza di una stabile organizzazione quando la ditta non residente esercita la propria attività nel territorio straniero per il tramite di un mediatore, di un commissionario generale ovvero di un altro intermediario indipendente, che agiscano nell’ambito della propria attività ordinaria (art. 162 comma 7). Da notare che il requisito di indipendenza impone non soltanto l’assenza di vincoli negoziali e/o materiali tali da limitare l’autonomia operativa e gestionale dell’intermediario, ma soprattutto esige che il rischio imprenditoriale incomba in maniera assoluta sull’intermediario medesimo. In questo caso l’esclusione della stabile organizzazione si riconnette alla mancanza di un collegamento diretto tra l’attività svolta sul territorio, che, al contrario, viene svolta da un soggetto terzo ed autonomo, ed il soggetto non residente.
Sempre nella norma in esame vi è la previsione che vuole che il controllo di un’impresa residente da parte di un’impresa non residente non costituisce condizione sufficiente per qualificare la seconda come stabile organizzazione della prima (art. 162 comma 9). Tale norma va ricollegata al fenomeno della distribuzione di funzioni, di doveri e di compiti (oltre che di responsabilità) nel territorio straniero in un gruppo multinazionale attraverso il ricorso a società controllate o collegate che operano sul territorio medesimo.La giurisprudenza italiana, afferma che, in casi del genere, la personalità giuridica delle società operanti nel territorio non costituisce un elemento che può obliterare la qualifica di stabile organizzazione del soggetto non residente purchè vi siano elementi atti ad evidenziare una attività organizzata in comune con il primo soggetto, ovvero la stabile organizzazione occulta.
CONSIDERAZIONI FINALI
Per finire la nostra disamina in ambito di stabile organizzazione dal punto di vista strettamente concettuale e giuridico, diremo che l’autonomia giuridica della società operante italiana appare essere improntata a criteri di pura forma, stante la riconducibilità del suo agire ai poteri decisionali ed all’assetto organizzativo della casa-madre. Assume così rilievo per il riconoscimento di una stabile organizzazione che la società operante sul territorio svolga, anche solo in parte, l’attività imprenditoriale riconducibile al soggetto non residente, ivi escludendo le attività puramente preparatorie o ausiliarie, purché siano sotto il controllo di quest’ultima nell’ambito di una strategia unitaria. Da ciò discende come non sia sufficiente il semplice elemento del controllo societario (come puntualmente determinato dall’art. 162 comma 9 TUIR), ma che occorra che si manifesti una vera e propria “organizzazione di attività” per il tramite della società operante sul territorio straniero.
Dal punto di vista fiscale, invece, la stabile organizzazione è, un autonomo centro di imputazione di effetti normativi nell’ordinamento fiscale, essendo un modo di porsi della società non residente che ne consente il riconoscimento in una giurisdizione tributaria diversa rispetto allo Stato di residenza, ed il suo assoggettamento alla facoltà impositiva di detto Stato. La stabile organizzazione è quindi, fiscalmente, una qualificazione tributaria di un centro di imputazione autonomo che può coesistere con la personalità giuridica; la medesima entità diventa così incardinata in due diversi rapporti fiscali riferibili l’uno alla stabile organizzazione del soggetto non residente e l’altro al soggetto residente.
Il tutto sta a significare come il legislatore fiscale abbia come obiettivo unico quello di individuare un nuovo soggetto da sottoporre a tassazione, e solo in via secondaria l’identificazione del centro di imputazione delle fattispecie giuridiche, vale a dire del soggetto cui collegare il presupposto. Quel che conta è tassare….. Come logica conseguenza di ciò si può dire che la soggettività rilevante per il diritto tributario ha una funzione esclusivamente strumentale rispetto al prelievo fiscale. Vi è quindi una notevole diversità con il diritto civile, non tanto per ciò che concerne l’attribuzione di qualifiche in capo al soggetto impositivo, quanto piuttosto sulla funzionalità generale della soggettività in confronto al piano dei valori e degli interessi tutelati.
Per ricollegarci a quanto qui espresso, occorre affermare che a cagione del carattere strumentale (in senso fiscale) di tale soggettività, si esacerba la facoltà del legislatore tributario di procedere con disinvoltura nella individuazione dei centri soggettivi in base a valutazioni di opportunità e di tecnica fiscale che ben possono mutare in relazione alle finalità specifiche dei singoli tributi. Purtroppo pertanto la scelta di imputare le fattispecie tributarie ai centri di riferibilità è indipendente dalla disciplina civilistica: e dunque è da ritenere ben possibile individuare soggetti di diritto ai fini fiscali che non assumono rilevanza specifica ai fini del diritto civile. In Italia funziona così, vi è una grande dose di diritto creativo, motivo per il quale è sempre preferibile per l’imprenditore vero andarsene dall’Italia e produrre ricchezza all’estero, onde non essere arbitrariamente colpito da norme soggettivistiche.
La stabile organizzazione è quindi un centro di imputazione normativa individuato secondo esigenze ed interessi riconducibili tipicamente all’ordinamento fiscale, in funzione del riconoscimento del soggetto non residente in una giurisdizione diversa rispetto a quella dello Stato di residenza. Talchè tale centro di imputazione presenta un propria specificità tributaria e non può essere confuso con altre nozioni di diritto civile; ne deriva, al contrario, che “l’organizzazione di attività” riconosciuta per l’individuazione della stabile organizzazione ai fini fiscali non costituisce necessariamente anche un centro di imputazione anche per altri settori dell’ordinamento.
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Autore. Studio Legale Internazionale Bertaggia – Titolo Stabile organizzazione requisiti, in www.avvocatobertaggia.com/blog
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Avvocato dal 1993, Cassazionista dal 2009. Collaboro con imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale e nella creazione di società estere. Mi occupo anche di penale internazionale ed italiano. Coadiuvo uno Studio con numerosi collaboratori professionisti, sia avvocati che commercialisti. Se hai una questione giuridica da risolvere, contattami, troverò le risposte legali adeguate.
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