RISCHI SOCIETÀ OFFSHORE ESTEROVESTITE
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Rischi Società Offshore Esterovestite. Conseguenze derivanti dall’apertura di società “offshore” prive di reale sostanza
Navigando online, ci si può imbattere facilmente in numerosi siti che offrono la possibilità di aprire società “offshore”, spesso in “Paradisi Fiscali” situati in diverse parti del mondo, anche a distanza ed a costi contenuti. Tuttavia, queste operazioni, se non supportate da un reale costrutto economico, possono rivelarsi estremamente pericolose, soprattutto in considerazione della normativa italiana vigente, che prevede conseguenze sanzionatorie molto serie, non solo di natura pecuniaria, ma anche penale.
Articolo a cura dell‘Avvocato Bertaggia di Ferrara→.
Rischi Società Offshore Esterovestite. Conseguenze legali possibili:
1. Sanzioni tributarie non penali relative a imposte dirette, IVA e riscossione dei tributi:
Decreto legislativo 471/1997, Art. 1: In caso di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), si applica una sanzione amministrativa che varia dal 120% al 240% dell’ammontare delle imposte dovute.
Decreto legislativo 471/1997, Art. 5: In caso di omessa dichiarazione annuale dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), la sanzione amministrativa applicabile è compresa tra il 120% e il 240% dell’ammontare del tributo dovuto per il periodo d’imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto essere dichiarate.
2. Reati relativi a imposte sui redditi e sul valore aggiunto:
Decreto legislativo 74/2000, Art. 5: Chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ometta, pur essendovi obbligato, di presentare una delle dichiarazioni relative a queste imposte, e l’imposta evasa supera 50.000 euro per una singola imposta, è punito con la reclusione da due a cinque anni.
Per approfondire: reati fiscali in Italia→.
Il fenomeno dell’esterovestizione
Il termine “esterovestizione” (foreign dressed companies) si riferisce a una società o a un gruppo societario che, tramite tecniche di pianificazione fiscale internazionale, costituisce società o stabili organizzazioni all’estero, spesso in Stati con un regime fiscale più favorevole, all’unico fine di evadere le imposte nel Paese di effettiva residenza fiscale.
In tal caso, si configura un’ipotesi di evasione fiscale. Secondo l’articolo 73, comma 3, del TUIR, una società di capitali è considerata fiscalmente residente in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta (almeno 183 giorni), ha mantenuto:
- La sede legale
- La sede dell’amministrazione
- L’oggetto principale
nel territorio italiano.
Questi criteri sono fra loro alternativi: è sufficiente che si verifichi uno di essi affinché la società o l’ente siano considerati fiscalmente residenti in Italia, secondo il principio della tassazione su base mondiale (worldwide principle), adottato dall’Italia e dalla maggior parte dei Paesi occidentali. A differenza di molte giurisdizioni che applicano il criterio della tassazione territoriale, quali, Panama, Hong Kong→, Paraguay.
L’Amministrazione finanziaria italiana applica il principio per cui i redditi dei soggetti residenti sono soggetti a tassazione in Italia, indipendentemente dal luogo in cui sono stati prodotti.
Criteri per determinare la residenza fiscale:
Le disposizioni per le società stabilite dall’art. 73 del TUIR attribuiscono particolare rilevanza non solo al dato formale della sede legale della società, situata in Italia, ma anche agli aspetti sostanziali, come:
La sede dell’amministrazione
Lo svolgimento in Italia dell’oggetto principale dell’impresa
Per quanto riguarda l’oggetto principale dell’impresa, si devono considerare i commi 4 e 5 dell’art. 73 del TUIR:
Comma 4: L’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se redatti come atto pubblico o scrittura privata autenticata o registrata.
Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.
Comma 5: In assenza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente è determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti.
Per quanto riguarda l’ubicazione della sede dell’amministrazione, occorrerà fare riferimento alla situazione di fatto e individuare il luogo in cui gli amministratori della società esercitano l’attività amministrativa→ (place of effective management) in modo stabile.
L’articolo 4, paragrafo 3, del modello di Convenzione OCSE (2017 update), per evitare fenomeni di doppia imposizione, prevede che, se una società è considerata residente in due diversi Stati, la residenza fiscale della persona giuridica sarà individuata sulla base di un accordo tra le autorità competenti (mutual agreement), che dovrà tenere conto:
- Del luogo di direzione effettiva (place of effective management);
- Del luogo di costituzione (the place where it is incorporated or otherwise constituted);
- Di ogni altro fattore rilevante (any other relevant factors).
L’Italia, formulando specifiche osservazioni all’articolo 4, paragrafo 3, del modello OCSE di Convenzione (Commentaries on the articles of the Model of Tax Convention), ha introdotto una riserva per cui, nel determinare la residenza fiscale di una società, oltre alla “sede della direzione effettiva”, sarà attribuita rilevanza anche al luogo in cui viene svolta l’attività principale dell’impresa.
Secondo quanto previsto dall’articolo 4, paragrafo 3, del Modello OCSE e dalla sentenza n. 136/1998 della Corte di Cassazione, la sede effettiva della società deve essere considerata:
“il luogo in cui la società svolge la sua prevalente attività direttiva ed amministrativa per l’esercizio dell’impresa, cioè il centro effettivo dei suoi interessi, dove la società vive ed opera, dove si trattano gli affari e dove i diversi fattori dell’impresa vengono organizzati e coordinati per l’esplicazione ed il raggiungimento dei fini sociali”.
Pertanto, il criterio della sede legale, pur avendo una natura formale, non è sufficiente per determinare se una società estera sia fiscalmente residente in Italia. È necessario esaminare, da un punto di vista sostanziale, i criteri di collegamento con il territorio dello Stato, come la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale.
L’onere della prova spetta all’Amministrazione finanziaria, che, nell’ambito della propria attività ispettiva, deve dimostrare che la società è fittiziamente estera.
Spesso si vive nell’errata convinzione che basti costituire una società all’estero per usufruire dei suoi “vantaggi”. Tuttavia, come si può sostenere che l’amministrazione sia condotta dall’estero quando, nella maggior parte dei casi, l’imprenditore o l’amministratore non si è mai recato in loco? Questo è particolarmente rilevante nei casi di “paradisi fiscali” situati oltreoceano.
La rilevanza dell’esterovestizione nell’imposizione fiscale:
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, per individuare la residenza fiscale di una società o di un ente estero, occorre fare riferimento al criterio della “sede effettiva”. La sede dell’amministrazione, contrapposta alla sede legale, coincide con la “sede effettiva” dell’impresa estera, intesa come il luogo in cui:
- Si svolgono concretamente le attività amministrative e di direzione dell’ente;
- Si convocano le assemblee.
La sede effettiva può essere definita come il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività dell’ente. È il luogo in cui si concretizzano gli atti produttivi e negoziali dell’ente, nonché i rapporti economici che questo intrattiene con i terzi.
Per determinare il luogo della sede dell’attività economica di una società, occorre prendere in considerazione un complesso di fattori:
- La sede statutaria;
- Il luogo dell’amministrazione centrale;
- Il luogo di riunione dei dirigenti societari;
- Il luogo in cui viene adottata la politica generale della società.
Altri elementi rilevanti possono includere:
- Il luogo di riunione delle assemblee generali;
- La tenuta dei documenti amministrativi e contabili;
- Lo svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie e bancarie.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 6476 del 9 marzo 2021, ha ribadito che, se le decisioni concrete riguardanti la direzione e la gestione delle attività di impresa vengono adottate in Italia, anche una società che ha fissato la residenza all’estero deve essere considerata fiscalmente residente nel territorio italiano.
La Corte ha stabilito che:
“Merita, invece, condivisione la seconda censura, con la quale l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione dell’art. 73 del d.lgs. n. 917 del 1986 per non avere la Commissione regionale attribuito rilevanza, al fine di ritenere la società verificata assoggettabile al regime fiscale italiano ai sensi dell’art. 73 del d.lgs. n. 917 del 1986, al fatto, emerso dall’accertamento, che le decisioni fondamentali di management necessarie alla sua gestione venissero assunte in Italia. Invero, come recentemente ribadito da questa Corte, al fine di stabilire se il reddito prodotto da una società possa essere sottoposto a tassazione in Italia, assume rilevanza decisiva il fatto che l’adozione delle decisioni riguardanti la direzione e la gestione dell’attività di impresa avvenga nel territorio italiano, nonostante la società abbia localizzato la propria residenza fiscale all’estero”.
Esaminiamo ora i punti chiave della recente interpretazione giurisprudenziale:
Sede di Direzione Effettiva: Questo nuovo criterio viene definito come il luogo in cui vengono prese le decisioni strategiche che riguardano l’ente nel suo complesso. Il legislatore ha chiarito che le attività di supervisione e monitoraggio da parte dei soci non rientrano in questo ambito, a meno che non comportino un’effettiva gestione amministrativa. Questo cambiamento riduce le ambiguità che in passato avevano portato a interpretazioni estensive e incerte del concetto di “sede dell’amministrazione“. La nuova definizione mira a delimitare con maggiore precisione il significato di “sede di direzione effettiva“, riducendo il rischio di interpretazioni arbitrarie.
Gestione Ordinaria in Via Principale: Questo criterio è stato introdotto per definire il luogo in cui vengono svolte le attività operative quotidiane dell’ente. Raccoglie e valorizza gli aspetti del “day-to-day management” precedentemente associati alla “sede dell’amministrazione” e al concetto di “oggetto principale“. L’introduzione di questo criterio mira a superare le incertezze legate all’individuazione della residenza fiscale basata sul possesso di beni rispetto al luogo di svolgimento delle attività economiche e negoziali. Esso chiarisce che la residenza può essere stabilita anche in base alla gestione operativa prevalente dell’ente.
Riduzione delle Ambiguità e dei Contenziosi: Le modifiche apportate puntano a ridurre le difficoltà interpretative e applicative che in passato hanno indebolito la funzione segnaletica dei precedenti criteri di residenza fiscale. L’obiettivo è rafforzare la certezza del diritto e prevenire contenziosi, evitando estensioni indebite dei criteri sostanziali che potrebbero snaturare l’istituto della residenza fiscale→.
Allineamento con le Prassi Internazionali: La riforma mira anche a rendere più evidente l’allineamento tra la nozione di residenza fiscale interna e il concetto di “place of effective management” utilizzato nelle convenzioni internazionali contro la doppia imposizione. Questo allineamento, formalmente riconosciuto dalla giurisprudenza italiana, dovrebbe ora risultare più sostanziale, migliorando la coerenza tra il diritto interno e le convenzioni pattizie.
Implicazioni per l’Esterovestizione e la Stabile Organizzazione: Le modifiche apportate al criterio di residenza fiscale possono avere impatti significativi anche sui concetti di esterovestizione e stabile organizzazione, chiarendo i confini tra residenza fiscale e presenza di una stabile organizzazione nel territorio italiano. Questo dovrebbe contribuire a una più chiara distinzione tra la residenza fiscale completa di un ente e la mera presenza operativa sul territorio.
Persistenti Questioni Aperte: Nonostante i miglioramenti, restano alcune aree grigie, come il coordinamento con le regole sulla residenza ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, che non sono state aggiornate per riflettere i nuovi criteri. Questo mancato coordinamento può continuare a creare incertezze e contenziosi in ambiti specifici.
Rischi Società Offshore Esterovestite. Conclusioni
Le modifiche normative rappresentano un passo significativo verso una maggiore chiarezza e certezza nella determinazione della residenza fiscale delle società e degli enti, allineando la legislazione italiana con le migliori prassi internazionali e riducendo il rischio di contenziosi. Tuttavia, restano alcune questioni aperte che potrebbero richiedere ulteriori interventi legislativi per un’applicazione più armonizzata e coerente della normativa fiscale.
Reato Fiscale | Descrizione | Sanzione |
---|---|---|
Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti | Chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o l’IVA, indica nelle dichiarazioni annuali elementi passivi fittizi. | Reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni (art. 2, D.Lgs. 74/2000) |
Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici | Chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o l’IVA, si avvale di mezzi fraudolenti diversi da quelli previsti dall’art. 2. | Reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni (art. 3, D.Lgs. 74/2000) |
Dichiarazione infedele | Chiunque indica nelle dichiarazioni annuali elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi inesistenti. | Reclusione da 2 a 4 anni e 6 mesi (art. 4, D.Lgs. 74/2000) |
Omessa dichiarazione | Chiunque non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali dei redditi o IVA. | Reclusione da 2 a 5 anni (art. 5, D.Lgs. 74/2000) |
Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti | Chiunque emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte. | Reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni (art. 8, D.Lgs. 74/2000) |
Occultamento o distruzione di documenti contabili | Chiunque, al fine di evadere le imposte, occulta o distrugge in tutto o in parte i documenti contabili obbligatori. | Reclusione da 3 a 7 anni (art. 10, D.Lgs. 74/2000) |
Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte | Chiunque compie atti fraudolenti per rendere inefficace, in tutto o in parte, la procedura di riscossione coattiva. | Reclusione da 6 mesi a 4 anni (art. 11, D.Lgs. 74/2000) |
Indebita compensazione | Chiunque utilizza in compensazione crediti non spettanti o inesistenti, per importi superiori a determinate soglie. | Reclusione da 6 mesi a 5 anni (art. 10-quater, D.Lgs. 74/2000) |
Ma, per una disamina completa del fenomeno dell’esterovestizione, è indispensabile un’attenta lettura dei commi 5-bis e 5-ter dell’art. 73 del TUIR, introdotti dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), art. 35, commi 13 e 14, convertito, con modificazioni, nella L. 4.8.2006, n. 248.
Comma 5-bis: Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa:
a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.
Comma 5-ter: Ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 5-bis, rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Ai medesimi fini, per le persone fisiche si tiene conto anche dei voti spettanti ai familiari di cui all’articolo 5, comma 5.
Il comma 5-bis, con la dicitura “salvo prova contraria”, introduce una sostanziale inversione dell’onere della prova sulla presenza della sede dell’amministrazione in Italia per le società estere il cui controllo è riconducibile, anche indirettamente, a soggetti italiani.
Pertanto, ai sensi del comma 5-bis, la società estera si considera “esterovestita”, salvo prova contraria, se:
- È controllata, anche indirettamente, da soggetti residenti in Italia;
- È amministrata da soggetti residenti in Italia.
Il comma 5-bis introduce una presunzione relativa che il contribuente può superare dimostrando che si tratta di una collocazione sostanziale e non meramente formale.
Sarà il contribuente a dover fornire prove convincenti per dimostrare che l’effettiva attività di gestione si svolge all’estero.
L’Agenzia delle Entrate, nella circolare 28/E/2006, punto 8, “Società ed enti esterovestiti“, tratta delle norme introdotte dal D.L. 223/2006 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale).
La circolare chiarisce che, in applicazione della norma, il soggetto estero si considera residente in Italia a tutti gli effetti e, quindi, soggetto a tutti gli obblighi strumentali e sostanziali previsti per le società e gli enti residenti.
Il contribuente, per superare la presunzione, dovrà dimostrare che la sede di direzione effettiva della società non si trova in Italia, ma all’estero. Dovrà presentare prove concrete e convincenti che attestino un radicamento sostanziale della direzione effettiva nel Paese estero.
Ad esempio, dovrà essere provato che:
Gli insediamenti produttivi o commerciali all’estero sono effettivi e giustificati da ragioni imprenditoriali;
Esiste un’autonomia gestionale dei soggetti preposti all’attività di impresa all’estero (i cosiddetti country manager).
Con la raccomandazione 2012/772/UE, la Commissione Europea si è espressa sulla pianificazione fiscale aggressiva.
In merito alla Norma generale antiabuso, la Commissione (punto 4.2 della raccomandazione 2012/772/UE) ha definito: «Una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni posta in essere essenzialmente allo scopo di eludere l’imposizione e che comporti un vantaggio fiscale deve essere ignorata. Le autorità nazionali devono trattare tali costruzioni a fini fiscali facendo riferimento alla loro “sostanza economica“».
Il punto 4.4 della raccomandazione specifica che, ai fini del punto 4.2, una costruzione o una serie di costruzioni è artificiosa se manca di sostanza commerciale.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43809/2015, relativa alla contestazione di esterovestizione di una struttura societaria di gruppo collocata in Lussemburgo, titolare di alcuni marchi, ha evidenziato tre concetti fondamentali:
- La costruzione di puro artificio;
- La finalità prevalente di elusione;
- La libertà di scelta tra regimi fiscali diversi.
Secondo i giudici supremi, il vantaggio fiscale è indebito non perché l’imprenditore sfrutta le opportunità offerte dal mercato o da una legislazione fiscale più favorevole, ma solo se è ottenuto mediante costruzioni non aderenti alla realtà.
Con la sentenza del 15 marzo 2022, n. 8297, la Corte di Cassazione è tornata a esaminare il fenomeno dell’esterovestizione. Richiamando un orientamento consolidato, la Corte ha precisato:
“Questa Corte ha infatti più volte affermato che, in tema di imposte sui redditi, si configura esterovestizione quando una società, che ha la sede dell’amministrazione nel territorio dello Stato, intesa come luogo in cui si svolge concretamente la direzione e la gestione dell’attività di impresa e da cui promanano le relative decisioni, localizzi la propria residenza fiscale all’estero al solo fine di fruire di una legislazione tributaria più vantaggiosa”.
La Corte di Cassazione è ritornata a trattare il tema dell’esterovestizione con la sentenza n. 26538 dell’8 settembre 2022, in cui ha confermato che sussiste l’esterovestizione di una società in presenza di una struttura di puro artificio. Riportiamo un estratto della sentenza:
“La questione riguarda, più in particolare, l’esatta individuazione dei parametri normativi per determinare la soggettività passiva nello Stato di una società con sede in un altro Paese.
Il legislatore ha stabilito, con l’art. 73, comma 3, che, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.
Il parametro di riferimento, quindi, è previsto dal legislatore sulla base di diversi criteri di collegamento effettivo con il territorio dello Stato, individuati facendo riferimento al dato formale della sede ovvero agli ulteriori criteri sostanziali che tengono conto o della peculiare attività economica prevalentemente esercitata per conseguire lo scopo sociale, ovvero del luogo da cui promanano gli impulsi volitivi inerenti all’attività di gestione dell’ente.
Pertanto, il profilo di riferimento, al fine di concretizzare la valutazione della soggettività passiva dell’ente nel territorio dello Stato, è costituito dalla esistenza di un rapporto tra il soggetto giuridico e il territorio di riferimento”.
La rilevanza IVA dell’esterovestizione:
L’art. 4 del DPR 633/1972 stabilisce che tutte le attività imprenditoriali svolte in Italia sono soggette a imposizione IVA. In base alla normativa vigente, è possibile che tutte le operazioni della potenziale società esterovestita, anziché essere considerate operazioni intracomunitarie o territorialmente non rilevanti, siano assoggettate a IVA in Italia.
Ciò comporta che tutte le suddette operazioni potrebbero essere ricondotte a cessioni o prestazioni nazionali soggette a IVA, con il conseguente rischio di sanzioni amministrative e penali.
Rischi Società Offshore Esterovestite. Implicazioni penali e fiscali:
È fondamentale valutare attentamente le conseguenze, dal punto di vista penale e tributario, dell’esterovestizione, distinguendo tra evasione fiscale internazionale e mera elusione fiscale. È importante considerare che le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie, anche se restano possibili sanzioni amministrative tributarie.
Ai sensi dell’art. 10-bis della L. 212/2000 (Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale), costituiscono abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur rispettando formalmente le norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Queste operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che disconosce i vantaggi fiscali determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi.
Nella maggior parte dei casi, la fattispecie penalmente rilevante in caso di accertata esterovestizione è il reato di omessa presentazione in Italia delle dichiarazioni fiscali relative alle imposte sui redditi e all’IVA.
In sintesi, quando l’impresa ha sede all’estero ma la maggior parte dell’attività si svolge in Italia, e la residenza fiscale è fittiziamente localizzata all’estero, la dichiarazione dei redditi deve essere presentata in Italia. In caso contrario, al superamento del limite stabilito dal comma 1 dell’art. 5 del D.Lgs. 74/2000, si configura il reato di evasione fiscale, punito con la reclusione da due a cinque anni.
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Autore. Studio Legale Internazionale Bertaggia – Titolo Rischi Società Offshore Esterovestite, in www.avvocatobertaggia.com/blog
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Articolo aggiornato al 01 Settembre 2024