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Notifica società esterovestita. Gentili lettori, in merito alla nullità (o presunta tale) di notifica di atti tributari a società esterovestite, si segnala un’importante sentenza, precisamente quella della Comm. trib. prov.le Milano, sez. IX, 23/06/2015, (ud. 22/06/2015, dep.23/06/2015), n. 5694. Di seguito uno studio dell’Avvocato Bertaggia.
In detta sentenza si specifica che la notifica degli atti a società (presunta) esterovestita presuppone che l’amministrazione finanziaria conduca un’analisi circa l’esistenza di una sede amministrativa della società estera in Italia: ove l’accertamento è negativo la notifica va eseguita all’estero; mentre se si presume, ai sensi dell’art. 73, comma 5 bis TUIR, l’esistenza della suddetta sede in Italia, si inverte l’onere della prova in capo al soggetto presunto esterovestito, il quale deve dimostrare la sua non residenza fiscale in Italia.
In definitiva è possibile affermare che in materia di prove concernenti l’esterovestizione, ed ancor più in materia di notifica società esterovestita, non è possibile pretendere di gestire dall’Italia una società estera, con sede, fra l’altro, presso un centro uffici privo della naturale ed obbligatoria eteronomia rispetto all’attività gestita in Italia.
Comprendiamo meglio cosa intendiamo per notifica società esterovestita.
In sentenza, in ambito di notifica società esterovestita, si osserva che è priva di pregio l’eccezione di inesistenza e insanabile nullità, o di illegittimità dell’avviso di accertamento, per violazione delle disposizioni in tema di notifica per i motivi che seguono. Secondo la Commissione, in sede di accertamenti che attengono la presunta estero vestizione di enti esteri, il luogo e la modalità di notifica degli atti dipendono degli esiti dell’accertamento.
Se l’accertamento è positivo, ovvero è individuata in Italia la sede amministrativa della società estera, la notifica deve essere effettuata in Italia presso tale sede. Diversamente se l’accertamento è negativo, e quindi in Italia non si riscontra alcun domicilio fiscale, la notifica deve essere eseguita all’estero, presso la sede legale della società estera. In questo caso, poiché prevedibilmente l’indirizzo estero è noto all’Amministrazione finanziaria, le notifiche possono essere fatte sia per il tramite del servizio postale, che dalla procedura convenzionale o consolare ex art. 142 c.p.c. (c.f.r. in tal senso, CTP di Belluno, 14.1.2008, nn. 173 e 174; CTR Toscana, 18.1.2008 – 3.12.2007, n. 61).
In altre parole, la notifica a società (presunta) estero vestita presuppone che l’AF conduca un’analisi del merito circa l’esistenza di una sede dell’amministrazione in Italia della società estera.
In tema di estero vestizione e di notifica società esterovestita, un’ultima riflessione si potrebbe fare quando la sede dell’amministrazione del soggetto estero si presume esistente nel territorio dello Stato ex art. 73, comma 5-bis, ovvero si riscontrano i requisiti sostanziali del controllo (o dell’amministrazione) previsti nel citato articolo. Nel caso qui in esame l’Ufficio ha fornito numerosi elementi/fatti/circostanze atti a fare presumere l’esistenza della sede amministrativa in Italia.
L’operare della presunzione, che inverte l’onere della prova in capo al soggetto presunto estero vestito e di notifica società esterovestita, il quale deve dimostrare la sua non residenza fiscale in Italia, dovrebbe fare ritenere che la notifica debba essere eseguita solo in Italia poiché appunto, salva prova contraria, la sede dell’amministrazione (e quindi anche il domicilio fiscale) è nel nostro Paese. Comunque occorre osservare che qualora l’Amministrazione Finanziaria seguisse una strada diversa, e magari notificasse solo nei luoghi non legittimi, l’eventuale costituzione in giudizio del soggetto, sana il vizio della notifica.
Infatti, poiché lo scopo essenziale di quest’ultima è proprio quello di garantire l’effettiva e tempestiva conoscenza degli atti e quindi la possibilità, per il destinatario, di esercitare il diritto di difesa, la giurisprudenza, richiamando l’art. 156, terzo comma, c.p.c. afferma che la nullità di una notifica non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.
Sulla presunta decadenza della potestà accertativa in quanto la parte ritiene prescritto il periodo di imposta 2003 essendo stato l’accertamento notificato nel 2013 e non avendo l’Ufficio motivato “il raddoppio dei termini”, il Collegio osserva che l’ufficio nelle proprie costituzioni fa riferimento alla sentenza n. 247 del 25.7.2011 della Corte Costituzionale, secondo la quale il raddoppio dei termini per l’accertamento non è correlato a una valutazione soggettiva da parte dei Pubblici ufficiali, ma opera se vi sono elementi riscontrabili, che possano dimostrare l’insorgenza dell’obbligo di denuncia penale. Il più ampio potere di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria non è giustificato soltanto dalla trasmissione della notitia criminis, ma anche dall’esistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, anche se il reato potrebbe non sussistere.
Il giudice di merito, ha il compito, quando richiesto dal contribuente con i motivi di impugnazione, di valutare se i fatti su cui insiste l’avviso di accertamento sono effettivamente idonei a configurare gli estremi dell’obbligo di denuncia penale ovvero se l’Ufficio ha fatto un uso pretestuoso e strumentale della notitia criminis. La Consulta pone l’onere di provare i presupposti dell’obbligo di denuncia a carico del Fisco e, dall’altro, esclude la possibilità di fruire del raddoppio dei termini in forza di una valutazione discrezionale del Pubblico ufficiale. La sentenza della Corte Costituzionale mira a vincolare il raddoppio dei termini a situazioni di particolare gravità. È noto che sul punto sono intervenute diverse decisioni delle Commissioni Tributarie, spesse volte favorevoli al contribuente. Va, però, rilevato che sebbene nel disegno di legge delega per la riforma fiscale con il quale sarà definitivamente definita la portata applicativa della disciplina del raddoppio dei termini tuttavia tale disposizione non produrrà effetti retroattivi e pertanto saranno fatti salvi gli avvisi notificati prima della data di entrata in vigore dei decreti attuativi.
ESTEROVESTIZIONE SOCIETARIA E PROCEDIMENTO PENALE
Nel caso in esame a notifica società esterovestita, il Collegio osserva che nell’avviso di accertamento si fa riferimento al procedimento penale n. 41339/08, a carico della società e del V., legale rappresentante della stessa a partire dal 2003. Risulta pure allegata agli atti, autorizzazione della Procura della Repubblica preso il Tribunale di Milano – nell’ambito del predetto procedimento penale – all’Agenzia delle Entrate (nota n. 100654 del 30.6.2010 ex art. 23 Dlgs 74/2000) all’utilizzo, a fini fiscali, dei documenti, dei dati e delle notizie acquisite nel corso dell’indagine.
Il Collegio rileva che nel PVC è ampiamente documentato come la ricorrente avesse come persona di riferimento il sig. V. dapprima presso il proprio studio e poi presso la V. Sas, tanto da poter affermare che la direzione effettiva della H. era in Italia.
Tutta la documentazione prodotta in atti dall’Ufficio porta l’indirizzo dello studio del V. anche le contabili bancarie, a firma del V. indicano (omissis), nell’allegato 16 dell’Ufficio, ad esempio parte promissaria acquirente H. firmato Dr. F.V.; cfr. allegato 27 e via dicendo; le cover dei fax ad oggetto H. recano l’indirizzo del V. Si ritiene, pertanto, che l’Ufficio abbia ampiamente documentato l’attività svolta dal V. a favore della ricorrente, tanto da ritenerlo vero dominus della società in Italia. D’altra parte dall’esame del certificato camerale (alla data odierna, estratto direttamente dal sito della CCIAA di Milano da questo Collegio) la società (come pure la N. SpA) sono riconducibile al Gruppo G. S.p.A e, in alcune società dell’articolato gruppo, risulta sempre presente il V. Ciò porta a ritenere che il V. fosse uno dei dominus del gruppo e che il centro degli affari della ricorrente fosse in Italia.
Quanto alla presunta illegittimità dei rilievi contenuti nell’avviso di accertamento relativamente al reddito di impresa, ricostruito sulla base di rapporti finanziari con parti correlate il Collegio rileva che la parte produce una serie di contabili (allegati da n. 18 a n. 23) peraltro non in lingua italiana che non sono assolutamente sufficienti a documentare quanto asserito dalla ricorrente stessa in merito all’errata determinazione del reddito. In altre parole il Collegio non è stato messo in grado, con la documentazione prodotta di poter ricostruire analiticamente le riprese fiscali operate dall’Ufficio, al fine di poterle annullare in toto o parzialmente.
Alla luce di tutte le sopra riportate considerazioni, questo Collegio, ritiene che il ricorso debba essere respinto.
La presente Scheda ha scopi esclusivamente informativi, non impegna in alcun modo né la redazione online né lo Studio Legale Internazionale Bertaggia. Non prendere mai decisioni fiscali o giuridiche senza prima avere consultato un avvocato esperto nella materia.
Avvocato dal 1993, Cassazionista dal 2009. Collaboro con imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale e nella creazione di società estere. Mi occupo anche di penale internazionale ed italiano. Coadiuvo uno Studio con numerosi collaboratori professionisti, sia avvocati che commercialisti. Se hai una questione giuridica da risolvere, contattami, troverò le risposte legali adeguate.
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